Napoleone è giunto in Egitto, nella piana di Giza, e guarda le piramidi, fredde, enormi, distanti: davanti a lui giace un passato morto. In quel momento egli non è solo il generale che guida i suoi soldati, l’uomo carismatico che si rivolge alle masse, ma un occidentale che si misura con la storia del mondo. L’Egitto è antico, più antico di ogni altra civiltà di cui fino allora si fosse parlato. Era già antico quando le prime assemblee in Campidoglio gettavano le basi della politica dell’impero mondiale di Roma. Era già antico e quasi tramontato quando nelle foreste dell’Europa settentrionale i germani e i celti andavano a caccia di orsi e di cinghiali. Quando la prima dinastia egizia cominciò a regnare, cinque millenni or sono, si poteva già parlare di civiltà egiziana. Nel momento in cui si estinse la ventiseiesima dinastia, che fu l’ultima di stirpe egizia, dovevano passare ancora 500 anni prima che avesse inizio la nostra era. Lungo questo tragitto di millenni, un mondo di individui costruì la propria civiltà con la sola forza dell’ingegno, dell’organizzazione, della sensibilità e della fantasia.